In memoria di Franco Carmelo Greco, una vita intensa tra teatro e università
di Giorgio Fulco
Franco Carmelo Greco ci ha lasciati. La sua generosità di studioso esperto ed entusiasta, di organizzatore di eventi culturali e di ricerche, innamorato della scena napoletana della quale veniva disvelando l’originalissima tradizione, lavoratore instancabile nel suo affollato «cantiere» universitario, rende impossibile accettare la sua scomparsa, il vuoto incolmabile della sua assenza.
Trent’anni di sodalizio fraterno offrirebbero certo la possibilità di tracciare un profilo nitido, di sistemare in un’ordinata complessità i reperti memoriali, le emozioni intellettuali, i frutti di un’incessante conversazione scientifica e di una solare amicizia, ma la notizia cruda, inattesa, della sua scomparsa scompiglia i ricordi, rende improvvisamente sfuocati i dati che nella quotidianità dei rapporti, ci accorgiamo, non si irrigidiscono in una bibliografia, non si assolutizzano in un passato, ma sono materia fluida, viva, disponibile, reinterpretabile continuamente in una crescita osmotica. Ci si accorge all’improvviso che il dialogo è cessato, che i progetti hanno perduto il destinatario privilegiato, che si è spezzato un altro filo di una rete ogni giorno più smagliata. Chi scrive e chi qui si commemora avevano condiviso il dolore per la scomparsa del comune maestro Salvatore Battaglia, e, recentemente, per la prematura fine di Giancarlo Mazzacurati e di Vittorio Russo, tutti ghermiti nel mese di agosto. Non avrei mai creduto di essere, esattamente dopo un anno, a cercare le parole essenziali per fissare il ritratto di un amico impareggiabile e di uno studioso di eccezionale valore.
L’interesse di Franco Carmelo Greco per il teatro nasce nel cuore della sua esperienza di italianista, formatosi alla scuola di Battaglia. Il percorso universitario è contiguo a esperienze dirette nella scena, ad una precoce pratica del teatro. Così gli studi dellaportiani hanno già lo spessore di chi ha scoperto che il linguaggio del teatro è un evento complesso, che non si esaurisce nel testo o nel canovaccio.
Le ricerche dellaportiane, l’attraversamento della letteratura teatrale napoletana del Cinquecento e del Seicento, portano Greco a rivisitare e sistemare in una nuova catalogazione figure, eventi, periodizzazioni che consentivano progressivamente di rileggere gli itinerari che erano stati visitati da Benedetto Croce e arricchiti archivisticamente da Ulisse Prota Giurleo.
Sono anni di completa immersione negli archivi e nelle biblioteche, di schedature appassionate, sorrette da un solido metodo storico e filologico, da una capacità di lavoro enorme, da un’onnivora attenzione alla bibliografia critica. Chi legga il suo fondamentale volume Teatro napoletano del Settecento (Pironti, 1981) ha la possibilità di cogliere questo percorso formativo e, ad un tempo, di scoprire il valore sempre più strategico che nella ricostruzione della scena napoletana assume il trattato di Andrea Perrucci, Dell’arte rappresentativa premeditata e all’improvviso (1699) o l’esperienza della Scena praticabile del Liveri. Il codice napoletano del teatro, il suo peculiare linguaggio cui guarderà l’Europa, il rapporto teatro-città diventano centri di riflessione che nei testi settecenteschi, nell’organizzazione scenica, nel mestiere del teatro trovano continui momenti di verifica e approfondimento.
L’insegnamento di Letteratura teatrale italiana consente allo studioso di avviare una esplorazione articolata con i propri allievi, ai quali dona senza risparmio suggerimenti sui luoghi e sulle tecniche della ricerca. E non si pensi che, pur nella modernità delle strategie, lo studio resti confinato nel perimetro dell’indagine sulla realtà partenopea in età moderna: i corsi universitari, gli specialisti, i registi, gli attori che gravitano intorno a questa attivissima cattedra della facoltà di Lettere della “Federico II” portano una continua, inebriante ventata di novità, portano a tutto tondo il teatro nell’Università, come mai era stato fatto.
Infiniti sarebbero i ricordi legati a questa febbrile, vitalissima interpretazione del proprio ruolo di docente universitario, appassionato e disinteressato. Preferisco ripensare la serie lunghissima delle tesi di ricerca, gli allievi comuni, le discussioni vitali, gli scambi di informazioni, quasi una gara a fornire l’uno all’altro schede ghiotte e difficili nei comuni terreni di indagine, nel nostro amato Seicento.
Greco credeva nella circolazione delle idee e negli scambi scientifici, soprattutto con gli studiosi stranieri. Gli stimoli che venivano da convegni, seminari, innescavano una febbrile attività che con il docente nobilitava i suoi migliori allievi, chiamati subito, anche prima della laurea, a dar prova di sé. Da un convegno a Saintes in occasione della inaugurazione della «Maison de Polichinelle» (1988) prenderà corpo la serie dei contributi e degli eventi sulla maschera napoletana (Quante storie per Pulcinella, ESI, 1988; Pulcinella. Una maschera tra gli specchi, ESI, 1990, atti del convegno napoletano tenutosi al Teatro Mercadante nel febbraio 1989).
Anticipando una ripresa della fortuna critica dello sfuggente e spesso banalizzato personaggio della Commedia dell’Arte, Greco ne dimostra la capacità di fare esplodere contraddizioni e fermenti in diversi contesti storici e ambientali e con eterogenei linguaggi artistici, liberando forme plurime di creatività. Una fortunata mostra (Villa Pignatelli, 6 novembre 1990 – 6 gennaio 1991) con relativo catalogo (Pulcinella maschera del mondo, Electa, 1990).
Lo specifico disciplinare di Greco aveva assunto sempre più chiaramente una dimensione totale dello spettacolo come proprio oggetto di ricerca. La sua attività didattica, il suo contributo agli studi teatrali esigeva ormai nuovi riconoscimenti. Si spiega così il suo passaggio alla disciplina di «Storia del teatro moderno e contemporaneo» e il moltiplicarsi dei momenti di collaborazione intra ed extra-universitaria con Storia dell’Arte e Storia della musica. Non sembrano esserci confini alla straripante capacità di lavoro che può ormai contare su almeno due generazioni di allievi capaci di mobilitarsi per iniziative ambiziose e innovative che investono molteplici aspetti della storia dello spettacolo a Napoli fino ai nostri giorni, nonché il terreno inesplorato dei rapporti tra iconografia e scena nella civiltà del Settecento e dell’Ottocento.
Con una stupefacente accelerazione di pubblicazioni e di iniziative scientifiche la maturità di Franco Carmelo Greco fiorisce e si afferma. Si va dalle ricostruzioni della vita teatrale e musicale del San Carlo alla ricostruzione della personalità artistica di Eduardo De Filippo e all’amoroso catalogo del materiale documentario e privato della sorella Titina per finire con i sontuosi volumi La pittura napoletana dell’Ottocento, Pironti, 1993, e La scena illustrata, Pironti, 1995.
Dietro ai titoli più rilevanti si dovrebbe ricordare una messe vastissima di interventi, articoli, prefazioni e un incessante promozione di cultura. Ma non si esaurirebbe, con questo, un profilo che dovrebbe saper ricordare accanto alla già così poco «accademica» dimensione dello studioso, la sua umanità vibrante, il suo profondo senso dell’amicizia, della famiglia, nei valori genuini e profondi che spesso vengono impoveriti e incrinati nel difficile ambiente dell’Università.
(«Il Mattino», giovedì 20 agosto 1998)