L’uomo che scoprì il teatro dimenticato
di Giulio Baffi
Nessuno come lui conosceva i segreti percorsi che dal teatro del Quattrocento e del Cinquecento hanno portato fino ai nostri giorni un bagaglio prezioso di comicità. Franco Carmelo Greco sapeva il perché della comicità irresistibile e incosciente di tanti attori entrati a far parte di una entusiasmante leggenda; conosceva la scrittura di autori noti a pochi, trascurati da molti, che con i loro canovacci e le loro commedie avevano posto le fondamenta di un teatro capace di attraversare i secoli giungendo fino a noi. Scrittura irruenta e complessa, colta e popolarissima.
Sapeva dirci i debiti che grandi attori come i De Filippo, i Maggio, i Giuffrè, Barra o Mastelloni, avevano con Cammarano e Petito quando agli inizi degli anni Ottanta, insieme ad un altro sapientissimo amico, Franco Mancini, mettemmo mano ad una mostra monumentale e bellissima sul “Teatro a Napoli dal ‘400 ai giorni nostri”.
Amico di vecchia data, ci incontravamo al San Ferdinando negli anni ’70, quando ne ero il direttore e lui vi conduceva i suoi allievi, pronto a cogliere ogni occasione per approfondire uno spettacolo, per fare incontrare quei giovani con attori e registi disponibili a “spiegare” il loro lavoro. Ci siamo ritrovati fianco a fianco in tantissime altre occasioni per parlare di Pulcinella o di Eduardo, di Viviani o di Neiwiller. Col teatro più antico illuminava quello dei nostri giorni.
Franco Carmelo Greco ci ha lasciati, troppo presto purtroppo. Ci mancherà e mancherà ai suoi alunni, ai giovani che seguivano entusiasti le sue lezioni di Storia del teatro alla Federico II. Spettatore attento di tanti avvenimenti di teatro, protagonista di incontri, dibattiti, convegni, seminari. Instancabile e tenace. Quello della cultura napoletana era territorio in cui era pronto a dar battaglia sorridendo.
Storico del teatro, allievo di Salvatore Battaglia, i suoi libri, i saggi, le preziose raccolte che ha pubblicato, e soprattutto il lavoro lungo e puntiglioso come docente, sono una testimonianza che ci rimarrà a lungo. Quando sarà impallidito il ricordo della sua allegra, irruenta, cordiale, amichevole presenza.
(“La Repubblica”, giovedì 20 agosto 1998)